Quando i sassolini diventano la frana della sanità pubblica

La situazione della sanità pubblica mostra delle similitudini con l’effetto serra e gli effetti climalteranti che cominciano ad essere visibili a tutti. Superata una soglia invisibile di crisi gli effetti sono esponenziali e la situazione precipita ((fuga degli operatori sanitari dal pubblico, pioggia di gettonisti, liste d’attesa bibliche, gioco del “rubapaziente”, carenza di medici di medicina generale e di infermieri non sostituibili, sbilanciamento economico e di prestazioni verso le strutture private ecc).

In primo piano vi è la Lombardia di cui vorrei sinteticamente raccontare due recenti episodi. Il primo riguarda il gruppo privato Multimedica. Ai primi di dicembre una operatrice del contact center denuncia alla trasmissione 37e2 di Radio Popolare (Vittorio Agnoletto) la esistenza di un accordo sindacale che “premia” gli operatori che convincono le persone che chiedono un appuntamento con il pubblico (ticket) a spostarsi sul privato (“solvente”) con una tariffa “smart” (ridotta) di ingresso, prospettando tempi di attesa biblici con il pubblico. Cosa c’è di male ? Facilitare l’entrata con una “tariffa smart” (inesistente nelle forme di accreditamento) è un sistema commerciale palese per “fidelizzare” il cliente, se la “merce” in questione è costituita da prestazioni sanitarie e quindi è in gioco la propria salute è facile pensare che dopo un “accesso agevolato” alle prestazioni private la persona sarà indotta, se non costretta nella pratica, a proseguire un percorso di cura/prestazionale nella medesima struttura, a quel punto con tariffe di mercato estremamente più elevate. Come associazione chiediamo conto all’impresa con una richiesta di accesso agli atti, Multimedica risponde negando la copia dell’accordo dichiarandosi soggetto di diritto privato e quindi senza obblighi in tal senso e dando solo parziale risposta alle nostre richieste. Recentemente abbiamo presentato ricorso al TAR perché, in barba alla dichiarata “equivalenza” o “parità” pubblico-privato in Lombardia, appare assurdo che il privato si prenda tutti i vantaggi (a partire da quelli economici) grazie all’accreditamento e alle convenzioni e non debba essere trasparente come ogni ente pubblico o incaricato di pubblico servizio. Vedremo come finirà questa partita. Nel frattempo la direzione generale Welfare (l’assessore alla sanità) attiva una verifica ispettiva, chiediamo e recentemente otteniamo i risultati di tale verifica. Nella relazione l’impresa dichiara “che in questa fase, il cittadino può richiedere anche di conoscere l’offerta in libera professione nella sede di sua scelta, ma questo solo se espressamente richiesto dall’utente e non proposto sistematicamente.” Quindi si nega quanto denunciato; la relazione ispettiva si chiude senza prospettare violazioni ma indicando che “La struttura (cioè Multimedica, ndr) concorda sul fatto che questo secondo indicatore (dell’accordo, ndr) potrebbe non essere correttamente interpretato e … la struttura ha iniziato una revisione dell’accordo al fine di individuare un nuovo indicatore che valuti qualitativamente in che modo il bisogno del cittadino sia stato soddisfatto. ” Quindi, “colpo di scena”, Multimedica ammette che il secondo indicatore potrebbe non essere ottimale e viste le pressioni esterne viene ritirato come pure si sospende l’accordo. Un passo indietro “volontario” della struttura privata. Un tempo si diceva che “la lotta paga…”, un risultato sicuramente non definitivo comunque raggiunto (a proposito l’accordo risulta sottoscritto da un unico sindacato, la Cisal Sanità Privata). Due settimane fa la Sindaco di Castellanza (una città a nord di Milano, in provincia di Varese, giunta di centrosinistra) annuncia di aver sottoscritto con la proprietà dell’Ospedale Mater Domini ((gruppo Humanitas) un “contratto” (così è scritto) per garantire uno sconto del 15 % percento sulle tariffe in regime privato per i residenti e i dipendenti del Comune. Anche qui una tariffa smart di accesso (fino a fine anno) che fa dell’ente locale un agente pubblicitario del privato. Il contratto viene presentato come una risposta "dal basso" alla crisi della sanità pubblica (impegnata da anni nel progetto di un “ospedale unico" da 350 milioni di euro anziché dalla ristrutturazione degli ospedali pubblici di Busto Arsizio e Gallarate che verrebbero dismessi). Una risposta illusoria anzi un ulteriore, “tafazziano”, sassolino di autodistruzione di servizi pubblici da parte di enti pubblici. Altrettanto illusoria e distruttiva la ricerca di una risposta ai problemi basandosi sulla geografia (i residenti del comune ove sorge la struttura privata), una sorta di ulteriore sottolivello di autonomia differenziata, spezzatino dello spezzatino. Un ulteriore sassolino che alimenta la frana.

Vorremmo raccogliere anziché i sassolini una goccia dopo l’altra e mettere assieme una marea simile a quella di Madrid, fatta di operatori sanitari e persone per contrastare la deriva privatistica e rilanciare su nuove basi il servizio sanitario nazionale pubblico cominciando da Milano, il primo di aprile, per un “pesce di aprile” salutare, d’altronde non si dice “sano come un pesce”? Magari, tutti assieme, evitiamo di finire pescati e nella graticola del privato….

Marco Caldiroli